Il Teatro, per cominciare
9,00 €
Momentaneamente non disponibile
Descrizione
Le Quattro lezioni del 1982 sono oggi disponibili in appendice al volume
Gian Renzo Morteo, Ipotesi sulla nozione di teatro
Cosa rimane della fervida e molteplice attività di Gian Renzo Morteo, uno dei protagonisti della cultura teatrale a Torino nel secondo Novecento, “padre” del Teatro Stabile di Torino negli anni della formazione, propugnatore in Italia delle esperienze francesi del “teatro popolare” e del “teatro dell’assurdo”, fautore dell’”animazione” e di ogni forma di teatro artigianale, e soprattutto maestro di generazioni di teatranti non solo torinesi? Concretamente rimangono le sue carte, cioè la biblioteca personale e l’archivio zeppo di appunti e documentazione donati al Centro Studi Tst dalla famiglia perché diventassero di pubblica utilità: il catalogo della biblioteca è consultabile anche su internet. Rimane poi il volume Ipotesi sulla nozione di teatro e altri scritti che abbiamo pubblicato nel 1994 per rimettere in circolazione almeno una sintesi dei suoi molteplici interessi, con una bibliografia delle traduzioni e dei tanti scritti dispersi. Ma probabilmente l’opera di Morteo sopravvive soprattutto nella folla di ex-allievi, teatranti e no, che tuttora lo considerano un maestro e ricordano con affetto le sue lezioni ai corsi per attori e insegnanti dello Stabile, all’Accademia Albertina, all’Università. Ecco perché oggi pubblichiamo questo quaderno. Contiene una testimonianza dal vivo, la trascrizione di cassette registrate durante un ciclo di lezioni, svolte nel 1982, che ci restituiscono una sintesi dell’idea di teatro maturata da Gian Renzo Morteo. La pubblicazione è stata resa possibile dal paziente lavoro di Patrizia Mattioda, messo a punto d’intesa con Giovanni Moretti. Il contesto in cui nacquero le lezioni è stato rievocato da Anna Sagna, che allora animava con Morteo la rivista “Linea teatrale”, in una lettera indirizzataci attraverso Claudia Allasia. «In quegli anni tenevamo nella Scuola Bella Hutter dei corsi triennali che abbiamo chiamato di “formazione per operatori teatrali”, un titolo piuttosto vago. Le definizioni sono necessarie così si è dovuto trovare un nome anche a una utopia. In questo corso erano inserite lezioni di tecniche diverse di danza, di espressione corporea (altra brutta definizione) e poi ritmo, ascolto musicale e si cercava di allargare il programma con incontri e momenti di lavoro con docenti e personalità disponibili. Gli allievi periodicamente presentavano i propri lavori teatrali. L’idea di base era quella di preparare non dei tecnici o teorici, ma persone consapevoli che il teatro è un lavoro serio e faticoso e chi lo sceglie non smetterà mai di impegnarsi per capirlo di più. Il nostro programma mancava di tutte le discipline che riguardano la parola. Credo ancora adesso che prima di usare le parole dall’alto del palcoscenico si dovrebbe saper esprimere in silenzio tutto quanto possono dire le parole. Penso che si debba andare nel deserto per molto tempo prima di mettersi a predicare».